CIMO è un sindacato rappresentativo nell’ambito della dirigenza sanitaria del SSN, ha partecipato criticamente e costruttivamente a tutte le sessioni negoziali funzionali alla trattativa volta alla stipula del CCNL, avendo – essa sola – prodotto una propria Piattaforma di dettaglio concernente la regolamentazione di tutti gli istituti demandati alla contrattazione collettiva.
Il prodotto della negoziazione è risultato, in parti altamente significative, non in linea con i principi di difesa e tutela dei medici ai quali CIMO si ispira e questo ha portato CIMO ad assumere una posizione critica e di opposizione. Di conseguenza, la trattativa è giunta ad una situazione di contrapposizione su posizioni non conciliabili e questo ha determinato CIMO a non sottoscrivere l’Ipotesi di CCNL 2016-2018.
Ciò premesso CIMO non può consentire che, in sede decentrata, si possano produrre ulteriori “vulnus” ai diritti e alle prerogative della dirigenza medica. Esclusivamente per tali ragioni, CIMO appone la propria sottoscrizione tecnica in calce ad un CCNL che è già scaduto prima di entrare in vigore (ad ora, circa un anno dopo la sua scadenza) e che protrarrà i suoi effetti deleteri fino a che il datore di lavoro pubblico non avrà deciso quale sorte assegnare al SSN pubblico, all’origine (art. 1 L. 833/78) destinato “alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio” e avrà reperito le risorse, di personale, di mezzi, di denaro, per renderlo funzionante.
CIMO ribadisce, perciò, il proprio motivato dissenso nei confronti di un testo contrattuale che, tra l’altro:
- Relega le relazioni sindacali a sterili confronti di cui non si lascia una traccia efficace (non più verbalizzazione delle rispettive posizioni ma generiche sintesi senza padre) e istituisce un organismo paritetico propositivo, novello cavallo di Troia nel campo sindacale, attraverso il quale il datore di lavoro “si farà proporre” le modificazioni organizzative che non ha faccia o cuore per introdurre d’imperio;
- A dieci anni dalla scadenza dell’ultimo CCNL della dirigenza medico-veterinaria, prevede aumenti stipendiali in percentuale (3.01) inferiori, nel periodo, a quelli percentualmente previsti dalla legge (3.48), garantiti, invece, per tutte le altre categorie dell’ex pubblico impiego;
- Sottrae alla dirigenza medico-veterinaria le risorse economiche di propria storica proprietà per farle confluire in fondi intercategoriali indistinti per la cui costituzione la dirigenza sanitaria (biologi, fisici, chimici, farmacisti, ecc.) apporta un contributo residuale e la dirigenza delle professioni sanitarie (infermieri, tecnici di radiologia, ecc.) ancor meno.
- Prevede che il corrispettivo della indennità di specificità medica (storica componente esclusiva della retribuzione dei dirigenti medici quale riconoscimento della loro peculiarità) del dirigente medico cessato dal rapporto di lavoro permanga nel fondo indistinto della dirigenza sanitaria premiando, con somme legate alla tipicità della professione medica, soggetti che medici non sono e che esercitano altre professioni.
- Riconosce, a posteriori, che tutti i dirigenti medici hanno diritto a ricevere un incarico dirigenziale (dopo che la legge lo aveva affermato da sempre e la giurisprudenza lo aveva confermato) salvo annegarne il significato in una mortificante e indistinta “progressione di carriera” che non seleziona oggettivamente il merito ma lascia ampi spazi discrezionali nell’affidamento degli incarichi.
- Rincara la penalizzazione economica per chi ha scelto il rapporto di lavoro non esclusivo riducendo la entità del RPMU di (circa) la metà rispetto a quella ordinaria a parità di impegno lavorativo.
- Santifica le illusioni (proposta di esonero della guardia per chi ha una età avanzata, senza precisare chi se ne occuperà), garantisce un impegno orario illimitato (48 ore settimanali medie calcolate in un arco temporale non più di 4 mesi ma di sei mesi), legittima una presenza notturna asfissiante (cinque turni notturni e dieci reperibilità, di norma, al mese) senza che la chiamata interrompa il riposo giornaliero, esclude il ricorso all’adeguamento degli organici (proposta di pronta disponibilità diurna anziché nuove assunzioni); abroga la disposizione previgente sulla PD per disciplina consentendo - di fatto - la sua utilizzazione in ambiti e con criteri non diversamente definiti.
- Certifica l’appiattimento sulle posizioni aziendali anche nell’esercizio del diritto di difendersi per le ipotesi di responsabilità professionale. Irridendo al conflitto di interessi, stabilisce che il legale prescelto dal dirigente dev’essere “gradito” all’Amministrazione, altrimenti il costo relativo resta a suo carico.
- Introduce una sorta di welfare aziendale (pagato dai dipendenti) ma, al contempo, esclude i dirigenti portatori di handicap dalla possibilità di svolgere attività non penalizzanti e riduce e circoscrive le ipotesi di lavoro a tempo ridotto (con la revisione di quelle già in godimento).
Per i motivi esposti, CIMO sottoscrive il CCNL unicamente per poter rappresentare e difendere i diritti dei propri iscritti nelle importanti sequenze contrattuali previste dalla contrattazione integrativa.
Al contempo, poiché – come detto – questo CCNL è scaduto prima ancora di entrare in vigore (unico precedente nella storia della contrattazione post privatizzazione del pubblico impiego), CIMO comunica che provvederà a disdettarlo e invita il Governo, il Comitato di Settore e ARAN, ciascuno per quanto di competenza, a dare immediato corso alle iniziative volte all’avvio della negoziazione del CCNL 2019/21.
Il Presidente Nazionale CIMO
Dott. Guido Quici
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